Il settore dei rischi è alla ricerca di una relazione con il cliente trasparente ed efficace, ma di fronte all’aumento dei prezzi, questa relazione rischia di entrare in crisi. Al centro del confronto della tavola rotonda moderata da Maria Rosa Alaggio, i metodi delle compagnie per riformare i portafogli danni non auto dopo le grandi perdite del 2023 legate soprattutto alle catastrofi naturali.
Mentre gli intermediari si pongono il problema di come comunicare gli aumenti dei prezzi agli assicurati, salvaguardando la relazione, le compagnie fanno i conti con la sostenibilità del business, dopo un anno record di perdite catastrofali e di fronte alla prospettiva dell’obbligo di assicurazione per le imprese dal 2025.
Una preoccupazione in parte condivisa da Ivass, come sottolineato da Roberto Novelli, capo dell’ufficio segreteria di presidenza e del consiglio dell’istituto di vigilanza: “seguiamo con attenzione la questione della sostenibilità tecnica del settore, anche tenuto conto delle recenti novità in materia di coperture catastrofali”.
CAT NAT: SERVE UNA POLIZZA NON “UN PEZZO DI CARTA”
Ivass crede nella necessità di una collaborazione pubblico-privato anche in altri settori del business danni, come si è fatto nelle cat nat, dove, ha precisato Novelli, “pensiamo di aver trovato il modo, nel decreto attuativo della norma, per bilanciare sostenibilità tecnica e obbligo a contrarre”.
L’autorità ha ricordato il lavoro fatto in occasione delle consultazioni per il decreto, un dispositivo che ha cercato di “definire alcuni punti aperti lasciati dalla legge”, ha sottolineato Novelli. Ci sono molte opportunità, ma per Ivass sono essenziali due cose: “aumentare la base imponibile (dell’obbligo, ndr), perché altrimenti è minata la sostenibilità tecnica; e l’adeguatezza e congruità della copertura”. Insomma, dev’essere una polizza dove “è chiarito bene cosa è coperto e cosa no – spiega Novelli – e che contribuisca a un cambio di rotta sostanziale della gestione dei rischi catastrofali, non un adempimento formale, un pezzo di carta che serve a chiedere agevolazioni e contributi”. Poi, certo, bisogna aumentare la consapevolezza del rischio tra i clienti.
LA CREAZIONE DEL POOL
La sostenibilità tecnica è ovviamente la prima necessità per il mercato assicurativo: “abbiamo lavorato con Sace e stiamo costruendo lo schema per un pool in grado di sostenere il mercato rispetto alle singole esposizioni”, ha spiegato Umberto Guidoni, co-direttore generale di Ania. “Siamo fiduciosi – ha continuato – che il pool possa assistere chi deve gestire rischi molto concentrati in determinate aree così da redistribuirli su tutto il mercato”. Il settore assicurativo, dunque, ritiene che l’obbligo sia una reale opportunità per la copertura sistemica di questi rischi: “il sistema di incentivazione di tipo fiscale non ha funzionato”, ha ricordato Guidoni, prendendo atto del fallimento della strategia attuale di diffusione delle polizze cat nat su tutto il territorio italiano.
Gli intermediari, dal canto loro, contestano soprattutto la mancanza di confronto e le decisioni calate dall’alto: come spiegare le logiche di sostenibilità a un cliente, magari storico, che si vede raddoppiare il premio da un anno all’altro o la cui polizza è disdettata unilateralmente?
UN CONFRONTO SERRATO
Claudio Demozzi, presidente di Sna, ha dato atto alle compagnie che “qualche anno fa si disegnava una prospettiva diversa: si parlava delle dirette come qualcosa che avrebbe cambiato tutto, ma ora la prospettiva è diversa”. L’agente non solo è centrale ma nei progetti a medio lungo termine è ancora l’asset fondamentale “e lo è perché il mercato non ha fatto il salto nel buio”, ha sottolineato Demozzi.
Ora però ci sono delle criticità importanti, come accennato: gli agenti chiedono che le politiche delle compagnie sui portafogli siano quanto meno discusse con la rete, se non concordate. “Non si può presentare azioni di sostituzione di portafoglio in peggio o introdurre clausole di ius variandi nelle polizze – ha detto Demozzi – senza correre il rischio di minare il rapporto di fiducia con i consumatori. Se il cliente non si fida più dell’agente, non si fiderà delle polizze e delle compagnie, con il risultato che la domanda assicurativa entrerà in crisi”.
Su questi argomenti, il confronto si è fatto serrato. Guidoni ha ricordato che “cambiare i modelli catastrofali ha avuto logicamente un grande impatto sulle tariffe”. Sono le compagnie, d’altra parte, “che pagano i sinistri non gli intermediari” e sono le compagnie che “hanno avuto un loss ratio del 214% l’anno scorso”. Compito degli intermediari, invece, “è supportare il cliente garantendogli che sia pagato il sinistro”. A chi, dal lato degli intermediari, chiede il dialogo, Guidoni risponde che il modo migliore per alimentarlo non è fare esposti all’Ivass contro le compagnie.
LO IUS VARIANDI NON È LA SOLUZIONE
“Gli esposti – ha replicato Demozzi – sono stati fatti contro atti coercitivi delle imprese nei confronti degli agenti: che tipo di relazione c’è tra quelle imprese e le reti? In quei casi la relazione è morta”, ha concluso il presidente di Sna.
Unipol può rivendicare da sempre un rapporto positivo con la rete, ma non nasconde le difficoltà dell’anno scorso. Claudio Belletti, chief commercial officer di UnipolSai, ha rivelato che nel 2023 la compagnia ha pagato un miliardo e 750 milioni di euro di sinistri catastrofali, contro una media di 500 milioni nei cinque anni precedenti. “Nei rami elementari la partita è complessa e vanno trovate soluzioni”, ha detto, precisando però che “lo ius variandi non è la risposta”. Tra compagnia e intermediari, ha spiegato, “è stata concordata l’ipotesi di pulitura del portafoglio con incentivazioni. Noi abbiamo scelto la modalità di disdetta con possibilità di ripresa del contratto a nuove condizioni: gli agenti capiscono la finalità della nostra strategia ma non possono andare troppo veloci, cosa che incide sulla retention. Siamo sempre pronti – ha precisato Belletti – ad avviare una discussione su una terza via”.
NECESSARIO AUMENTARE IL DIALOGO
Secondo Vincenzo Cirasola, presidente di Anapa, i problemi principali sono due: l’aumento dei prezzi indiscriminato per tutti gli assicurati e l’impossibilità di riaprire un dialogo con le compagnie per il rinnovo dell’accordo nazionale. Se è vero che la norma sulle cat nat “è a vantaggio di tutto il sistema, perché finora si avvantaggiava solo chi non pagava le tasse”, è altrettanto vero che nei rami elementari “gli aumenti dei premi sono generalizzati e colpiscono anche chi non ha mai avuto un sinistro: se questo è tecnicamente corretto non lo è eticamente”, ha riflettuto Cirasola. “I clienti vanno considerati complessivamente per le polizze che hanno – ha aggiunto Cirasola – non in base a un singolo prodotto”.
Anche i broker, ovviamente, si trovano a dover fare i conti con gli aumenti: nel property, ha ricordato Luigi Viganotti, presidente di Acb, “alcune garanzie sono raddoppiate, e in generale sono stati fatti aumenti a tappeto”. Anche secondo Viganotti tra i problemi principali c’è un mancato dialogo con le compagnie che, ha detto, “ci mettono di fronte al fatto compiuto”. Ecco perché il presidente di Acb chiede più confronto e di “tornare ai tempi in cui si facevano i tavoli in Ania”.
MA C’È UNA PRATERIA DI OPPORTUNITÀ
Viganotti vuole riprendere anche con Ivass a parlare di semplificazioni: “una semplificazione però che tenga conto delle realtà del mercato”, dove l’intermediario è centrale non solo per i clienti ma anche per le imprese: “oggi facciamo molto lavoro che dovrebbero fare le compagnie”, ha sottolineato. Per esempio, Acb ha chiesto chiarimenti sul regolamento Rc auto e anche il decreto cat nat “apre una serie di problematiche”.
In mezzo alla maggioranza di voci più o meno critiche, Flavio Sestilli, presidente di Aiba, ha voluto portare un contributo di ottimismo e fiducia nel futuro dell’intermediazione di qualità, puntando forte su tecnologia, apertura del mercato e normativa. “La tecnologia – ha detto – farà fare un salto stratosferico alla qualità del nostro lavoro, mentre per quanto riguarda le possibilità generate dalla legge sulle cat nat, dobbiamo ricordarci che noi broker gestiamo il 60-70% delle aziende italiane, di cui il 95% non assicurate: abbiamo una prateria di opportunità, così come nel campo del welfare, mentre le normative europee saranno di grande aiuto e daranno tranquillità al settore. In mezzo alle tante difficoltà – ha concluso Sestilli – credo che il futuro sarà bello”.