Nonostante le dichiarazioni ottimistiche dei vertici di Fonage, dalle lettere ricevute da Anapa Rete ImpresAgenzia emergono storie che fanno riflettere. Come quella di Maria Vittoria, agente in pensione, vedova, che dopo una vita di lavoro e sacrifici si ritrova, oggi, a vivere con un sussidio che lei stessa definisce, con un eufemismo, «da elemosina».
Storie di «ordinaria ingiustizia». Storie che raccontano di persone che hanno lavorato una vita, che hanno vissuto nella pia illusione di essersi costruiti qualche certezza per il futuro e che invece si ritrovano gelati da una doccia fredda che suona come una beffa, oltre che come una pesante umiliazione, dopo anni di onorata carriera. Come la storia signora Maria Vittoria (il nome è di fantasia, ma la storia è vera) che ha gestito insieme al marito una delle più importanti agenzie di assicurazione di una delle principali città italiane. Rimasta vedova anni fa, ora Maria Vittoria si vede riconosciuta del Fondo Agenti Fonage quella che lei stessa definisce senza mezzi termini «una miseria». Già, perché la somma che le viene corrisposta ogni due mesi «è quasi un’elemosina. E io non ci sto», lamenta la signora. Sotto accusa, «la macroscopicità - osserva Maria Vittoria - dei coefficienti a me applicati del 52,10% alla mia pensione e del 60,52% alla reversibilità di mio marito che hanno portato ad una riduzione tale da rendere risibile la mia totale erogazione bimestrale».
Per comprendere la gravità della situazione basta dare un’occhiata ai numeri. Maria Vittoria percepisce una la reversibilità pari a 104,68 netti bimestrali, alla quale si aggiunge una pensione personale di 384,07 netti bimestrali (dati relativi al 2017). Risultato: dopo una vita di lavoro la pensione mensile ricevuta dal Fondo ammonta alla «bellezza» di 244,69 euro. Cifra che non è sufficiente a pagare nemmeno un affitto in una estrema periferia di qualunque città italiana.
Già, perché mentre a sentire le dichiarazioni dei vertici di Fonage tutto andrebbe per il verso giusto, le storie raccontate da alcuni Agenti in pensione, come Maria Vittoria, dipingono una realtà differente. «E’ infatti più che evidente - aggiunge Maria Vittoria - che dinanzi a versamenti avvenuti, effettuati secondo le norme del Fondo, coloro che hanno maturato in tempi più risalenti il diritto al trattamento pensionistico, hanno potuto beneficiarne appieno per svariati anni, mentre chi come me solo per aver maturato il trattamento pensionistico in tempi recenti, oltre a non beneficiare del medesimo trattamento, si trovano a percepire, di fatto, una miseria». Maria Vittoria ci racconta di aver percepito la pensione appieno solo per tre anni. «E ora mi vengono applicate simili riduzioni - lamenta - Ho sentito colleghi che hanno avuto una riduzione del 23-24% ed hanno percepito appieno la stessa: chi per dieci, chi per 15 o 18 anni. A questo punto dovrebbero spiegarci come sono stati studiati questi coefficienti di riduzione».
Una situazione che fa a pugni con il trionfalismo e l’ottimismo delle recenti dichiarazioni dei vertici di Fonage, che forse non hanno bene presente la situazione in cui versano numerosi agenti di assicurazione in pensione, che hanno contribuito per una vita. In questo contesto stridono - e non poco - le frasi pronunciate dallo stesso presidente di Fonage, Francesco Libutti, in un’intervista rilasciata a fine gennaio al quotidiano «Il Giornale». «Il fondo - aveva detto Libutti - di fatto grazie al lavoro svolto dall'ufficio finanziario, è riuscito ad assicurare agli iscritti performance sopra la media. Il frutto di un lavoro durato più di un anno e che proseguirà ancora. Abbiamo dato la dimostrazione ai nostri iscritti che un fondo etichettato come "decotto" fino a qualche tempo fa è riuscito a rimettersi in pista». Una descrizione che stona con la realtà di persone come la signora Maria Vittoria.
«A questo ultimo proposito - rincara la dose la pensionata - contesto inoltre che la riduzione dei trattamenti pensionistici, laddove applicata senza tener conto della data di erogazione dei medesimi, comporta la violazione del principio di eguaglianza sostanziale, stante il fatto che io ho subito una decurtazione ben più grave e consistente rispetto a chi abbia maturato in data anteriore analogo diritto».
Ma c’è dell’altro: «Contesto infine - osserva ancora Maria Vittoria - e non per minor importanza, il mancato esercizio del diritto di riscatto». La pensionata muove ancora alcuni importanti rilievi: «Prima della chiusura definitiva della mia agenzia, per aver volontariamente lasciato il mandato agenziale alla Compagnia, contattai telefonicamente Fonage per esercitare il diritto di riscatto. La persona che mi rispose, anziché fornirmi le informazioni del caso, indicando i requisiti, le modalità con cui il diritto di riscatto era esercitabile ai sensi di legge e delle clausole di cui allo Statuto, ed al regolamento esecutivo del medesimo, si limitò a dirmi che tale diritto non era esercitabile».
Quella di Maria Vittoria è una storia come tante, purtroppo. Storie che andrebbero raccontate, fatte emergere, «sbattute in faccia» a chi, di fronte alle obiezioni e alle proteste, documentate e motivate, si limita a dire che «va tutto bene, Madama la Marchesa».