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Opinione della settimanaL'OPINIONE DELLA SETTIMANA di Renzo Di Lizio: È LA CRISI DELLO STATO SOCIALE?

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L'OPINIONE DELLA SETTIMANA di Renzo Di Lizio

È LA CRISI DELLO STATO SOCIALE?



Cari colleghi,

degno di particolare interesse per la nostra categoria è sicuramente il IX rapporto RBM - CENSIS presentato nel corso del recente Welfare Day 2019.
Questo evento rappresenta la principale occasione di approfondimento delle dinamiche e delle prospettive del Sistema Sanitario e del modello di Welfare del nostro Paese soprattutto perché si affronta il tema del Diritto alla Salute con le opportune valutazioni sulla sostenibilità e l’uguaglianza del nostro Sistema di Sicurezza Sociale.

I dati che emergono parlano chiaramente di una crisi del modello sociale assistenziale così come l’abbiamo inteso fino ad oggi: oltre 19 milioni di italiani pagano di tasca propria per avere le prestazioni essenziali prescritte dal medico, le liste di attesa aumentano a vista d’occhio e la spesa privata sale del 7,2% dal 2014 mentre quella pubblica scende dello 0,3%.

È la crisi dello Stato sociale? ... non esattamente!

È senza dubbio l’affermarsi di un modello in cui i cittadini sono obbligati a destreggiarsi tra pubblico e privato per avere le prestazioni necessarie. I dati ci dicono chiaramente che il 62% di chi ha effettuato almeno una prestazione sanitaria nel sistema pubblico ne ha effettuata almeno un’altra nel sistema a pagamento.

Inoltre, 13,3 milioni di persone a causa di una patologia hanno fatto visite specialistiche sia nel pubblico che nel privato per verificare la diagnosi ricevuta.
Bisogna sottolineare però che la spesa privata incide di più sulle famiglie a reddito basso con ripercussioni sui consumi e che circa la metà degli italiani ritiene che non tutti abbiano le stesse opportunità di diagnosi e cure e questo contribuisce a creare una sanità ritenuta ingiusta nell’immaginario collettivo, che esclude o punisce una fascia ampia di popolazione.

Certamente una soluzione sembrerebbe quella di Istituire una sanità integrativa a gestione privata e vigilanza pubblica come si è fatto nel settore della previdenza complementare tale da consentire un accesso più equo e ampio ai servizi sanitari da parte di tutti i cittadini.

In tutto questo la vecchia categoria degli agenti di assicurazione che dice?

Sembrerebbe ben poco, o comunque potrebbe dire molto di più almeno per due validi motivi: il primo è che gli agenti da sempre svolgono attività di consulenza verso i propri clienti e quindi non si capisce la ragione per cui non potrebbero farlo anche nel campo della sanità integrativa. Il secondo motivo, altrettanto importante, è che dovrebbero chiedere a gran voce alle proprie compagnie di fornire le reti di strumenti adeguati, all’altezza dell’aspettativa e delle esigenze di un mercato in crescita, che promette uno sviluppo importante ed in cui gli agenti devono ancora capire il ruolo importantissimo che potranno avere… speriamo solo non sia troppo tardi.

Buona lettura a tutti!


Renzo Di Lizio
Componente di Giunta
ANAPA Rete ImpresAgenzia





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