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Dicono di noiAgent Channel CeTIF, focus su modelli operativi e redditività di agenzia

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Analisi - Bilanci - Redditività Imc

Approfondimento sullo studio realizzato dal Centro di ricerca dell’Università Cattolica di Milano in collaborazione con ANAPA Rete ImpresAgenzia. 520 agenzie in rappresentanza di 12 compagnie. Il benchmark sulla redditività delle agenzie, l’evoluzione del modello operativo e la diffusione dell’innovazione

Dopo la presentazione da parte di Chiara Frigerio – docente di Organizzazione Aziendale presso l’Università Cattolica di Milano e segretario generale CeTIF – avvenuta durante la tappa milanese dell’ANAPA On Tour dello scorso 9 marzo, parliamo con Cristiano Mastrantoni (Research Manager del Centro di Ricerca in Tecnologie, Innovazione e Servizi Finanziari dell’ateneo milanese) delle risultanze e delle conclusioni dello studio che il Centro ha condotto in collaborazione con ANAPA Rete ImpresAgenzia tra giugno e novembre 2016 e che ha permesso la realizzazione di un benchmark sulla redditività delle agenzie, l’evoluzione del modello operativo e la diffusione dell’innovazione.

Dottor Mastrantoni, analizzando l’andamento della raccolta dei canali distributivi nel quadriennio 2011 – 2015 cosa possiamo notare?

Parlando di canali distributivi, è opportuno fare due considerazioni distinte tra ramo danni e ramo vita. Per quest’ultimo, gli sportelli bancari e postali detengono le maggiori quote di mercato (complessivamente il 63%), registrando nel 2015 un aumento della raccolta del 5,7%, anche se inferiore rispetto alla crescita degli ultimi anni. Nel complesso, nel periodo 2011-2015 questo canale ha fatto registrare un +12,5%, ben oltre le performance totali del ramo (+9,2%). Nel 2015 ha fatto registrare un lieve aumento il canale dei promotori finanziari (+1,3%), che mantengono il secondo posto nel mercato (16%). Al terzo posto per premi intermediati si posizionano gli agenti che hanno registrato un aumento pari a quello di mercato (+4%) mantenendo così stabile la loro posizione (13%). Non supera il 7% la vendita diretta anche se in crescita nel periodo 2011-2014. Resta marginale il ruolo dei broker nel ramo vita.

Passando al ramo danni, le reti agenziali rappresentano ancora oggi il principale canale di raccolta (detenendo il 78,6% del mercato) anche se per il quarto anno consecutivo hanno visto diminuire le loro performance con una riduzione dei volumi (-3,3%, con contrazione maggiore rispetto all’andamento del mercato). Negli ultimi anni la quota di mercato degli agenti è scesa, passando dall’81,8% nel 2011 al 78,6% nel 2015. Anche i broker, che si posizionano come secondo canale, hanno registrato una riduzione del volume premi (-6%) pertanto il loro peso si è ridotto all’8,4% (interrompendo il trend di crescita degli ultimi tre anni). Restano invariati i volumi di raccolta del canale vendita diretta 8,1% (che include oltre alla distribuzione tramite il canale internet e telefono anche quella effettuata tramite le direzioni generali). Infine, la raccolta premi intermediata dagli sportelli bancari e postali nel 2015 è risultata in forte crescita (+17,9%) e conseguentemente è aumentata la loro quota di mercato che ora è pari a 4,7%, accelerando il trend di crescita iniziato nel 2013 e che pare destinato ad erodere sempre più quote di mercato agli altri canali.

Quali sono le risultanze emerse dalla ricerca?

La ricerca ha permesso di realizzare un benchmark con particolare focus alle performance economiche delle reti. Dai dati emerge che l’agenzia media registra ricavi pari a 400 mila euro, generando un utile lordo di circa il 20% e corrispondente a 80 mila euro. Circa l’87% dei ricavi di agenzia è generato da provvigioni; nello specifico circa l’11% delle componenti positive è costituito da provvigioni rami vita, il 39% da provvigioni rami danni non auto e il 36% da provvigioni rami auto. Incrociando questi dati con quelli relativi alla composizione del portafoglio, si nota che il comparto danni non auto genera in media provvigioni maggiori rispetto a quello auto, nonostante gli incassi siano inferiori. Inoltre, i contributi erogati dalle compagnie nel 2015 (non dipendenti dai risultati dell’attività commerciale) hanno avuto un peso leggermente superiore sul totale dei ricavi (7%) rispetto a rappel e incentivi (6%).

Con riferimento alle componenti negative di reddito, che ammontano a circa 320 mila euro, le provvigioni passive retrocesse alla rete di secondo livello e il costo lordo del lavoro dipendente sono i costi che hanno il peso maggiore nel bilancio dell’agenzia: in ciascuna deve essere impiegato circa il 23% dei ricavi raccolti. Circa il 18% dei ricavi viene impiegato per le spese relative al funzionamento dei locali e per i servizi impiegati in Agenzia, circa il 5% in rivalsa e il 10% viene impiegato in altre componenti negative (come ammortamenti, imposte, cassa previdenziale).

Dal tavolo di confronto con gli Agenti, però, sono emerse alcune ulteriori evidenze. Quali?

L’attenzione dei rappresentanti delle reti si è focalizzata sulle agenzie in difficoltà. Se analizziamo il totale degli incassi raccolti nel 2015, il 5% delle agenzie dichiara di aver generato un ammontare maggiore a 9 milioni, il 18% tra 5 e 9 milioni, il 31% tra 2.5 e 5 milioni, il 30% tra 1 e 2.5 milioni. A destare preoccupazione è il 16% delle agenzie che dichiara di produrre incassi annui per un ammontare inferiore a 1 milione. Queste realtà sono sottoposte ad un consistente rischio di sostenibilità nel medio periodo, dovranno quindi esser supportate dalle compagnie mandanti e dalle rappresentanze agenziali per valutare eventuali piani di intervento in modo da poter resistere alla forte competizione del mercato.

Guardando i dati relativi alla distribuzione degli agenti in Italia appare evidente che la professione è soprattutto maschile e “matura”. È vero o è possibile ipotizzare un’inversione di tendenza?

Per quanto riguarda la distribuzione, il 52% degli agenti è concentrato nel nord Italia, il 25% al centro e il 23% sud e Isole. Dai dati si evidenzia, come del resto avviene anche per il mondo bancario, una forte correlazione tra ricchezza del territorio e maggior presidio degli intermediari. L’età media degli intermediari è oggi molto alta: il 34% ha un’età maggiore di 56 anni, il 54% tra i 41 e 55 e solo il 12% hanno età inferiore ai 40 anni. Dai numeri si evidenzia una forte presenza maschile (76%), ma si registra come trend in crescita la presenza di figure femminili sotto i 40 anni.

Quali erano gli obiettivi della ricerca del 2016 svolta in collaborazione con ANAPA Rete ImpresAgenzia?

In un contesto di mercato sempre più dinamico e complesso per l’intermediario assicurativo, la collaborazione con ANAPA Rete ImpresAgenzia, attiva da diversi anni nello studio dell’evoluzione della professione, ha voluto concentrarsi sull’analisi della redditività e dei modelli operativi. Abbiamo raccolto feedback di molte realtà che manifestavano l’esigenza di avere modelli e strumenti a supporto per monitorare le performance della propria attività ed avere indicatori di riferimento con cui misurarsi e verificare i risultati. Con questi obiettivi è nata la ricerca 2016 che poi non si è limitata alla valutazione delle componenti positive/negative di reddito ma ha esteso il perimetro anche ad aspetti organizzativi e alla diffusione dell’innovazione.

Quali erano le caratteristiche del campione di riferimento?

Attraverso un questionario abbiamo raccolto i dati di oltre 500 agenzie, rappresentanti 12 Reti agenziali. Vista la natura dell’indagine, che richiedeva la compilazione di una survey online, il processo naturale di auto-selezione ha generato un campione di analisi leggermente “sbilanciato” verso il Nord Italia. Di conseguenza abbiamo rilevato in media un mix di portafoglio meno incentrato sul ramo auto, a favore dei rami vita e danni non auto. Nonostante questo, il campione dei rispondenti è da considerare rappresentativo del mercato ed è stato possibile mettere in luce interessanti risultati.

Il ramo danni auto è quello che ha un peso maggiore nel mix di portafoglio dell’agenzia media (41%), seguito dal ramo danni non auto (32%) e dai rami vita (27%). Si nota inoltre come le agenzie italiane basino buona parte del loro business sul ramo auto, rendendole più vulnerabili al trend negativo che sta interessando questo comparto.

Passando al personale di Agenzia, è stato rilevato che il numero medio si attesta intorno alle 11 figure, che si suddividono in 1,7 agenti, 3,9 subagenti, 1,6 produttori di agenzia e 3,7 amministrativi.

Con riferimento al mandato, il 63% delle agenzie del campione dichiara di lavorare principalmente con un mandato, mentre il restante 34% dichiara di operare in plurimandato. Nonostante questo è interessante sottolineare come il 70% delle agenzie dichiara di avere collaborazioni abituali con un altro intermediario (“A con A”, “B con B”, oppure entrambi i casi)

Quali sono stati i risultati della ricerca in riferimento all’analisi della redditività agenziale?

Non tutto dipende dal mix di portafoglio. Le agenzie con redditività superiore alla media dichiarano di avere un maggior orientamento all’attività commerciale (rispetto a quella amministrativa), riescono a raccogliere incassi mediamente maggiori e hanno il 90% dei ricavi costituiti da provvigioni. Il cluster meno redditizio invece registra delle spese di funzionamento dei locali e per servizi maggiori, costo del lavoro dipendente maggiore e maggiori inefficienze organizzative e operative (come indicatore è stato utilizzato il rapporto incassi/agente).

Da questa analisi emerge che la redditività di agenzia è fortemente influenzata da come questa è organizzata e quindi non solo da dinamiche di settore; perciò è molto importante per le agenzie meno performanti intraprendere progetti di revisione dei processi organizzativi, operativi e commerciali in linea con le best practice di mercato. La tecnologia può dare un forte aiuto nell’automazione di alcuni processi di innovazione del modello di servizio, anche con l’aiuto delle Compagnie mandanti, al fine di resistere alla forte competizione del settore.

Cosa è stato osservato e cosa si può concludere in tema di analisi dell’attività agenziale?

A livello aggregato il personale di agenzia impiega il 56% del tempo in attività commerciali, mentre il 44% in attività amministrative; questo dato dimostra come rispetto a qualche anno fa si vedono dei leggeri miglioramenti, ma l’attività amministrativa occupa ancora oggi una fetta molto significativa. Osservando nel dettaglio le percentuali relative alle singole figure, agenti e subagenti svolgono principalmente attività di tipo commerciale (non andando però oltre il 66%), mentre il personale dipendente svolge principalmente attività amministrative, concentrandosi in particolar modo nelle attività di post-vendita. La contabilità risulta essere l’attività secondaria di questa figura, della quale si occupano anche agenti e subagenti, seppur in misura inferiore.

Agenti e digitalizzazione. Un binomio possibile o no?

In CeTIF da sempre abbiamo ritenuto che la “dimensione digitale” (nelle sue varie declinazioni: web, mobile, social) potesse essere sfruttata come un’opportunità per lo sviluppo del mercato assicurativo e, in particolare, come nuovo canale a supporto dell’agente attraverso il quale innovare la relazione con il cliente. Dopo una prima fase dove l’attenzione degli intermediari si era concentrata sui rischi di disintermediazione, oggi la maggior parte di loro ha saputo comprendere i vantaggi derivanti dall’utilizzo di questi canali. I risultati dell’indagine stanno a dimostrare questo cambio di paradigma: ben il 72% del panel dichiara di presidiare il canale web. Metà di questi per mezzo di un sito web di agenzia proprietario, gli altri con soluzioni sviluppate con il supporto della compagnia (“mini-sito”).

Per quanto riguarda il canale Mobile, questo è presidiato dal 66% dei rispondenti, di cui: il 19% lo presidia con una propria App, il 38% si affida ad una soluzione sviluppata dal proprio Gruppo agenti, mentre il 9% utilizza entrambe le soluzioni. Dal confronto con i partecipanti emerge che le App in uso necessitano di essere integrate con maggiori funzionalità. Allo stato attuale sono forniti servizi semplici che si limitano a segnalare informazioni agli utenti o ad inviare una richiesta di contatto con l’agente. Infine il 62% delle agenzie rispondenti ha almeno un profilo social, tra questi la piattaforma più utilizzata risulta essere Facebook (74%), seguita da LinkedIn (18%) e da Twitter (8%).

Un recente studio americano sulle professioni “a rischio scomparsa”, ripreso dalla stampa nazionale, considera l’assicuratore tra queste. Cosa ne pensa?

Credo che lo studio americano metta a confronto l’assicuratore “old style” con l’attuale contesto di mercato. Capisco che con un ragionamento di questo tipo si possa arrivare a tali conclusioni, ma ritengo si debba avere una visione più ampia del fenomeno. Come accennato precedentemente, ci troviamo in un periodo di profonda trasformazione: consumatore ibrido, che si muove indistintamente tra mondo fisico e digitale, sempre più autonomo ed esigente nelle scelte di acquisto; crescente concorrenza tra i canali distributivi (dirette, broker, banche, poste); nuovi competitor che minacciano il mercato (big player digitali, Insurtech), non è quindi più possibile affrontare le sfide con lo stesso approccio degli anni passati. L’agente moderno deve saper interpretare questi fenomeni ed evolvere allo stesso modo la propria professione, sviluppando nuove competenze e sfruttando le nuove tecnologie per rispondere alle rinnovate esigenze del cliente. Se oggi non funzionano più le “vecchie ricette” non vuol dire che non debba esistere più la professione di agente. Gli intermediari dovranno ritagliarsi un nuovo ruolo, quello di assistenti personali dei clienti (e del loro nucleo familiare) a 360°. Aggiungo, in conclusione, che se agenti e compagnie sapranno compiere insieme questo percorso evolutivo, la figura dell’intermediario sarà in grado di mantenere un ruolo determinante anche nel mercato assicurativo del futuro.

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